Musiques populaires et musiques savantes au XVIIIe siècle
recherche et diffusion

Itineranze musicali tra ducato di Savoia e Parigi
sotto il regno di Luigi XIV e Vittorio Amedeo II

Negli anni '80 suonavo la ghironda nel «Berry» e i Provenzali mi chiamavano « Fanchon la vielleuse » (Franca la suonatrice di ghironda). A Parigi si diceva que questa celebre Fanchon era savoiarda quindi sono andata a cercarla nelle Alpi. Ma non ho trovato traccia di lei, nè nella memoria degli abitanti, nè negli archivi che ho consultato.
Nelle biblioteche parigine ho, però, potuto accedere a diversi documenti che mi hanno permesso di raccontare la sua storia nella pubblicazione intitolata Fanchon la vielleuse dans les rues de Paris. Ho pensato quindi che per conoscere le persone che hanno migrato è meglio andare a cercarle là dove si sono stabilite piuttosto che nel loro paese d'origine.

Eppure un gran numero di ghironde è stato ritrovato in certi villaggi delle Alpi meridionali e mio padre, nato nel 1907, si ricordava molto bene di alcuni montanari, all'epoca chiamati «gavots» che scendevano sulla Costa per mendicare suonando la ghironda.
La nostra famiglia viveva nella zona di Grasses e, da parte mia, constatavo, negli anni '50/ '60 che i miei compagni di scuola avevano sovente dei cognomi a consonanza transalpina. Evidentemente, la Contea di Nizza era geograficamente molto vicina alla Provenza orientale ed ha a lungo fatto parte del ducato di Savoia.
Un giorno ho scoperto che uno dei miei avi era stato venditore ambulante ed ho deciso di andare a vedere sul posto i paesi che aveva attraversato durante quei lunghi anni. Si trattava del versante alpino occidentale, rimasto francese. Ma Jean-Joseph Sciaud era andato anche a Genova.
In effetti le Alpi non erano una barriera insormontabile, ben al contrario. Per secoli gli abitanti del versante italiano, e dunque dei savoiardi, sono venuti a cercare lavoro nelle pianure e sulla costa.
Per secoli gli abitanti del versante italiano, e dunque dei savoiardi, sono venuti a cercare lavoro nelle pianure e sulla costa.
Il fenomeno pare essere terminato solo con la guerra del 1940 quando le frontiere sono state chiuse e coloro che erano in Francia vi si sono stabiliti definitivamente.
Nell'immaginario popolare è rimasta l'idea che un savoiardo era un piccolo spazzacamino... Questi bambini si spostavano in tutta Europa. Oggi sappiamo che erano anche loro dei venditori ambulanti, esibitori di lanterne magiche e che divertivano la gente grazie a delle marionette che facevano danzare al suono della ghironda o di altri strumenti musicali come, ad esempio, la «merlinette».
Questo fenomeno è durato per tutto il XIX secolo. Mi è parso evidente che doveva aver avuto origine nei secoli precedenti e le mie ricerche mi hanno condotta fino all'Illuminismo e al XVII secolo.
Sono abituata a trattare argomenti storici attraverso la musica. Nel caso specifico, altri, prima di me, hanno fatto analisi approfondite e molto interessanti circa l'influenza dei musicisti e artisti italiani presso la corte del Re di Francia: penso tra l'altro alla pubblicazione edita dal Centro di Musica Barocca di Versailles nel 2004 in onore di importanti lavori di ricerca effettuati da Jean Lionnet durante il suo soggiorno a Roma: Les Italiens à la cour de France de Marie de Médicis au régent Philippe d’Orléans.
Essendo la mia specialità le musiche popolari e di salotto del XVII et XVIII secolo è attraverso queste che tratterò il mio tema che viene a completare, spero, tutti questi studi sui compositori italiani a Parigi. Ci collochiamo dunque tra il 1640 e il 1750 per studiare i rapporti sia storici che musicali tra il ducato di Savoia e Parigi.
E' molto difficile precisare le frontiere di questo ducato, tenuto conto di tutte le guerre che le hanno regolarmente spostate in così poco tempo. Ecco una carta geografica che mi è parsa molto comprensibile. Si vede che questo ducato ingloba in gran parte il massiccio delle Alpi.
Durante lo spoglio delle fonti ufficiali a Parigi ho evidentemente constatato una presenza ed un ruolo importante delle istituzioni culturali italiane: Teatro italiano, Commedia italiana.
Negli spartiti molte opere sono dette «di stile italiano». Ma questi italiani, da quale regione della penisola venivano esattamente? Non è sempre facile stabilirlo...
Invece gli scambi tra i regno di Francia ed il ducato sono numerosi e comprovati. Citiamo qualche caso:
Nei salotti parigini, si fa la parodia delle opere italiane, come il compositore [Philippe] Du Gué che pubblica verso il 1735 delle sonates dans le goût italien.
Erano vendute tra l'altro a Parigi presso Chédeville il primogenito. Contrariamente alla musica francese il nome dei «movimenti» è scritto in italiano.
Non dimentichiamo inoltre che Nicolas Chédeville, detto il cadetto, pubblica nel 1740 delle pantomimes italiennes per gli strumenti di moda all'epoca nei salotti parigini come la cornamusa, la ghironda ...e un adattamento, per questi stessi strumenti a bordoni, dei concerti di Antonio Vivaldi che chiamerà Le Printemps ou les saisons amusantes.
Ci si può chiedere se le parole «italiano», «savoiardo» avevano un significato ben preciso per i parigini, che si tratti del popolo o delle persone notabili. In ogni caso si trovano sovente melodie che hanno come titolo la savoyarde, les savoyards, suonate e ripubblicate durante tutto il XVIII secolo e che conservano il loro titolo servendo sovente da supporto musicale a delle coreografie di controdanze.
Dove era possibile ascoltare tutte queste opere di cui parliamo? Un po' ovunque. Non si deve credere che i ceti sociali erano chiusi. I notabili, come il popolo, ascoltavano le ultime notizie per strada, nei cabarets, lungo i viali grazie ai cantastorie che assumevano, in un certo qual modo, il ruolo della stampa per i non lettori. Al contrario i borghesi facevano entrare nei loro salotti i musicisti di strada, per divertire i loro amici. Facevano la stessa cosa nei confronti dei musicisti e dei compositori ancora poco conosciuti e che potessero essere programmati al Concert Spirituel.
Andiamo noi stessi a passeggiare nelle strade, nei salotti e alla corte.

Le strade

Cominciamo dalla strada con un personaggio significativo Philippot le Savoyard, se faisant aussi appelé le capitaine . Aveva l'abitudine di installarsi sul Ponte Nuovo ma percorreva anche tutto il regno di Francia. Di lui si sa che suo padre era anche lui cantante di strada. Arrivavano realmente dalla Savoia? Niente è sicuro.
Philippot deve essere nato verso il1600 e che era diventato cieco a causa di una vita dissoluta che amava raccontare. La sua voce potente, i suoi gesti burleschi e le sue pantomime interpellavano i passanti; accompagnato da bambini o da una donna per guidarlo e leggergli o trascrivere le sue canzoni.
I suoi quaderni sono stati pubblicati dall'editore Ballard negli anni 1640 ma si parla anche di altre accolte: Recueil général des chansons du capitaine Savoyard chantées par lui seul dans Paris en 1645. E anche, Recueil nouveau des chansons du Savoyard chantées par lui seul dans Paris en 1656 ; réimpression en 1661 et 1665.
Quest'ultima ristampa è stata nuovamente ripubblicata dall'editore parigino Jules Gay nel 1862 con una premessa del bibliofilo Achille Percheron. Philippot le vendeva anche direttamente.
Troviamo queste informazioni nel racconto delle sue avventure fatto da Charles Coypeau d'Assoucy e pubblicato da Claude Audinet nel 1677.
D'Assoucy (scritto anche Dassoucy) in occasione di uno dei suoi viaggi verso il ducato di Savoia, racconta in modo dettagliato il suo incontro con il Savoiardo e ci parla di lui come di un cieco. Dopo una rissa che si svolge in un ambiente popolare (come una locanda), D'Assoucy è stato soccorso da due cappuccini e dal Savoiardo. Quest'ultimo chiede a d'Assoucy di lasciargli scrivere una canzone e si complimenta con lui.
I due si scoprono dei punti in comune: come quello di andare a cantare davanti alle porte delle case. Il Savoiardo... tirò fuori dalla tasca un piccolo libro coperto di carta blu.....unirono le loro voci....e tutti e due cantarono queste gradevoli canzoni; il tutto in perfetta allegria.
D'Assoucy si felicita con il Savoiardo con queste parole: «Avete ragione di definire la canzone patetica e ricreativa, poiché nell'insieme ci ha fatto ridere e piangere...ha sfidato le più belle menti contemporanee che non potranno mai imitarla e sebbene le rime fossero triviali e le espressioni volgari....erano infinitamente preferibili a tutte le rime piatte e glaciali di tanti poeti noiosi».
D'Assoucy, non volendo perdere la traccia di un tale personaggio gli chiede il suo nome e il luogo in cui tiene il suo salotto letterario. E in uno slancio di simpatia gli offre da mangiare e da bere e i due uomini si scambiano una raccolta delle loro canzoni.
Il Savoiardo rifiuta quello di d'Assoucy pretendendo che il suo uditorio non è in grado di apprezzare questo genere musicale. E scopriamo che il padre del savoiardo cantava delle opere di Pierre Guédron (compositore, cantore e liutaio, maestro di musica del re Luigi XIII e che Philippot deplorava che lo stile musicale fosse talmente cambiato da allora, preferendo le vecchie canzoni alle facezie attuali.
Ma chi era questo Signor D'Assoucy?
E' in un altro racconto da lui stesso intitolato les aventures burlesques de d’Assoucy e pubblicato l'anno stesso della sua morte (1677) che apprendiamo che il suo autore si chiamava Charles Coypeau d'Assoucy.
Pareva essere di condizione sociale più elevata del Savoiardo anche se ci parla dei suoi continui problemi di soldi dovuti al suo vizio: il gioco. Si considerava di nobile estrazione. Sua madre era cantante e liutaia di origine lorena e suo padre avvocato presso il Parlamento di Parigi, era originario della Borgogna. Tra i suoi avi figurava un celebre fabbricante di violini a Cremona.
I suoi genitori si erano separati molto presto e il piccolo Charles aveva iniziato molto presto a vagabondare per le strade, cosa che gli aveva permesso di scoprire questo mondo di cantanti e musicisti ambulanti.
Non contento di andare in giro per le vie della capitale era partito verso altre città del Regno al servizio di persone diverse, come una badessa a Corbeil, poi un notabile a Calais. Ma parecchi dei suoi viaggi avevano avuto come destinazione il ducato di Savoia.
Come per altri molto coloriti personaggi, una vera e propria leggenda, come le amavano gli autori del XIX secolo, è stata costruita intorno a d'Assoucy e al suo incontro con il Savoiardo. Paul Lacroix, per esempio, ci ha lasciato un'opera su questo argomento, edita da C. Delagrave al passaggio tra il XVIII e XIX secolo Les hauts faits de Charles d'Assoucy ; Une famille de musiciens. Ma nella sua prefazione si dice che questo racconto faceva parte delle storie che si raccontavano ai bambini.
Questo incontro originale tra un cantore popolare, che si diceva savoiardo, e un liutista compositore è veramente avvenuto. In effetti, d'Assoucy ha ben effettuato, come molti musicisti che cercavano la notorietà, dei viaggi in luoghi lontani e soprattutto a più riprese fino al ducato di Savoia. Malgrado la sua origine notabile ha vissuto più, secondo le sue stesse parole, sulle strade e nei cabarets che nei luoghi del divertimento della capitale.
Questo esempio ben documentato, ci pare particolarmente interessante per collegare il mondo dei musicisti di strada a quello dei salotti e quello della vita culturale parigina a quello della corte della Regina Cristina di Francia a Torino negli anni 1640. La destinazione principale dei viaggi di d'Assoucy era il ducato di Savoia.
Ma le sue avventure lungo il percorso l'hanno fatto sovente deviare, almeno provvisoriamente, dalla strada più diretta. Egli è molto fiero di spiegarci che la sua buona reputazione di musicista/poeta lo precedeva ad ogni tappa.
Dopo aver attraversato la Borgogna, Lyon, Pézenas, Béziers, Narbonne, Avignon, Marseille, Antibes, Nice, Monaco finì per arrivare a Torino dove, lui e il suo cantore Pierrotin, furono ben accolti dalle Altezze reali della corte di Cristina di Francia.
E' nei saloni della residenza secondaria di quest'ultima che si tenevano i festeggiamenti al «Palazzo della Vigna» (attualmente «Villa Regina») sulle rive del Po. D'Assoucy dedica alla duchessa Cristina delle canzoni, come quella che segue, dopo la morte del suo sposo Vittorio Amedeo I, epoca in cui elle diventa reggente del ducato. Canzoni pubblicate dall'editore Ballard nel 1653.
Divins soleils, beaux yeux, célestes phares/Voyez ici trois malheureux Icares/
Trois cœurs mourant d’une atteinte mortelle/Trois papillons brûlés à la chandelle.
Unique espoir où ma douleur aspire/Finis les mots dont mon âme soupire/
Dedans mon sang, o mort ! Trempe tes armes/Abandonnant la princesse des charmes…
Occore precisare che da parecchio tempo questo ducato era attratto dalle altre corti principesche per ciò che concerne le arti. Verso la fine del XVI secolo, il principe Thomas, dopo aver a lungo servito il regno di Spagna nella guerra delle Fiandre, aveva avuto occasione di fare amicizia con i grandi maestri di questo paese ed aveva acquistato molte loro opere. Suo fratello, il cardinale Maurizio di Savoia preferiva invece gli artisti italiani e Cristina di Francia continua a sviluppare le arti nel suo palazzo di Torino.

I salotti

Nel secolo seguente, troviamo un'opera musicale di un certo Venceslas Spourni, che scrive delle sonate per due sopra e basso, che dedica al suo mecenate il principe di Carignano, di cui ecco qui il titolo originale:
VI SONATES/POUR une Musette ou Vielle,/Violon et basse/Par/VENCESLAS SPOURNI/Compositeur de Feu S.A.S./Monseigneur. LE PRINCE DE CARIGNAN
Nella sua opera La Pouplinière et la musique de chambre au XVIIIe siècle pubblicata nel 1913, lo storico della musica, Georges Cucuel ci spiega che il Principe di Carignano sarebbe Vittorio Amedeo Giuseppe di Savoia, un appassionato di teatro e di musica. Egli fu d'altronde ispettore dell'Opera di Parigi a partire dal 1730 fino alla sua morte nel 1741, periodo durante il quale dava dei concerti domenicali. Secondo Cucuel il principe di Carignano avrebbe sposato una figlia naturale di Vittorio-Amedeo II, Maria Vittoria Franca Carignano (1690-1766).
La coppia, fortemente indebitata, si era installata a Parigi nel 1718 sotto la reggenza di Philippe d'Orléans. Nel 1730 Luigi XV aveva nominato il Principe di Carignano «Intendente ai Piccoli Piaceri».Installato al Palazzo de Soissons vi organizzava i suoi propri concerti.
Georges Cucuel ci dice che in questa occasione il Principe di Carignano ha dovuto fare la conoscenza del Signor Le Riche de la Pouplinière, intendente generale e coordinatore delle feste musicali, con cui aveva delle relazioni a volte movimentate.
Il Principe di Crignano è morto il 4 aprile 1741, cosa che spiega la dicitura Compositeur de Feu S.A.S./Monseigneur sul frontespizio delle sonate di Venceslas Spourni. L'esemplare di queste sonate conservato alla Biblioteca Nazionale di Francia cita un privilegio del Re ma senza data. François Lesure nel suo catalogo catalogue de la musique imprimée avant 1800 conservée dans les bibliothèques publiques de Paris indica una data intorno al 1741.

Dai salotti alla corte la strada è corta.

Abbiamo parecchi esempi che ci mostrano che le rappresentazioni musicali sono a volte in tonalità savoiarda.
Esaminiamo innanzitutto un'opera di un certo signor De Hesse conservata alla Biblioteca dell'Arsenale di Parigi, alla quale la Biblioteca Nazionale di Francia ha dato come titolo [Argument de] Le ballet des savoyards/de la composition de Monsieur De Hesse.
Si può datare questo balletto del 1749. Jean-Baptiste de Hesse (1705-1779) è conosciuto come commediante, coreografo, ballerino e maestro di balletto della Commedia Italiana dal 1738 al 1757.
Sfogliandolo ci accorgiamo che questo quaderno è composto di foglietti editi nel XVIII secolo e riuniti tra loro. Secondo la biblioteca questa opera sarebbe un dono di un certo G Douay; sarebbe Geoges Douay, compositore, deceduto nel 1919?
Vi si legge:
Le ballet des Savoyards de la composition de Monsieur De Hesse. Ce ballet, en partie pantomime, dont le succès prodigieux se soutient encore au Théâtre Italien, a été donné pour la première fois le Samedi 30 Août 1749. Mademoiselle Favart, alors dans son premier début, y fit connaître ses talents pour la danse et le vaudeville.
Celui qu’elle y chante est une ronde dans le goût des porteuses de marmotte, dont M. Favart est l’auteur…
… La mode de la musique italienne a jeté Mademoiselle Favart dans une nouvelle carrière qui ne lui fait pas moins d’honneur, et où le public doit lui tenir compte du travail assidu qu’elle est maintenant obligée de joindre aux dons de la nature.
Nous croyons qu’on nous sera grès d’ajouter ici, tant la ronde dont nous venons de parler, que les différents airs ou Vaudevilles de la composition de Mr Favart, qui ont été chantés à la Cour et à Paris aux différentes reprises de ce ballet, par les demoiselles Favart et de Hesse, et le sieur Chanville.
Sappiamo che la signorina Favart, la signorina De Hesse e il signor Chanville erano degli attori del XVIII secolo che lavoravano per il signor Favart padre del Teatro Italiano. 
La ronda comincia in questi termini:
Mon paire, aussi ma maire/M’ont voulu marida/Derida/
A c’ta saison dernière/Avec un avocat/Hé ! coussi coussa,/
A c’t heure-là,/Le pauvre amant que voilà !
L'autrice non aveva l'aria molto soddisfatta di suo marito ma fortunatamente passa un savoiardo:
Par-là, par aventure,/Passa mon Savoya,/Derida ;/
Il pansa ma blessure, et me faisa sauta/Hé ! coussi coussa,/
A c’t heure-là,/Sauta la Catarina.
La riproduzione di questo balletto che oggi noi possediamo non contiene alcuna melodia ma noi abbiamo potuto ritrovarla nella nostra base-dati Cythère. Essa porta anche il nome di «savoiarda» quando Esprit Philippe Chédeville la trascrive in due sue raccolte edite lo stesso anno, come «operette» o «controdanze». Diventata un timbro in un'altra fonte, essa è allora menzionata sotto il titolo Dans un bois solitaire où Vénus inventa dirida.
Un'altra operetta segue. Ecco le prime parole:
Habitants de ces montagnes,/N’attendez point les frimas ; /
Déjà Flore, dans nos campagnes,/Languit et perd ses appas/
Les jeux vont quitter nos asiles ;/Mais en France, au sein des villes,/
Ils voleront sur vos pas ;/Partez pour ces heureux climats ; /
On y voit régner l’allégresse…
Il signor Chanville è travestito da savoiardo e canta:
Ne regrettons point nos champs,/Fuyons la triste indigence,/
En France, on trouve en tout temps/Les plaisirs et l’abondance,/
Les peuples y sont contents,/Tout est pour eux, jouissance./
Allons tous en France, mes enfants,/Allons en France,/
Nous n’avons rien apprêté/Pour faire notre voyage ;/
Nos talents, notre gaîté,/Nous tiennent lieu d’équipage/
Par des danses, par des chants,/Nous payons notre dépense…
… La gaîté confond les rangs,/Dans ce pays de cocagne ;/
On y reçoit bien les gens/Que le plaisir accompagne,/
On y trouve chez les grands,/Doux accueil sans suffisance…
… C’est là que les avocats/D’une gaillarde éloquence/
Par mille traits délicats,/Réjouissent l’audience ;/
Les Abbés y sont galants…
… La grand’ville de Paris/Sera notre résidence/
C’est là que tous les esprits/Sont gais avec pétulance ; /
On y marche en fredonnant ; /On s’y promène en cadence…
Visto il successo riportato in città, il balletto è stato riprodotto davanti alla corte di Francia il 20 marzo 1754 nel teatro di Versailles.
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Già nel 1700 la Savoia ed i suoi abitanti erano alla moda nella capitale francese sia per le strade che alla corte perché abbiamo ritrovato una raccolta intitolata Mascarade des savoyards. E' conservata alla Biblioteca Nazionale di Francia.
In seconda pagina, si trova la lista degli attori di questa opera teatrale.
Sono citati al tempo stesso i nomi degli attori ed il loro ruolo.
L'attore principale Galanty, vieux savoyard conduisant sa famille Arlequin
Quatre Savoyards portans des Boëtes de curiositez
Quatre jeunes Savoyards, dansans.
SAVOYARDS, joüans des Instruments.
Tra i sette strumentisti menzionati - travestiti da savoiardi, sembra, troviamo quattro membri della famiglia Danican-Philidor - vale a dire due all'oboe, un al fagotto e una alla ghironda: Anne figlio di Philidor il primogenito autore della musica di questa opera.
Un testo e dei cori si rispondono sotto la forma di quattro entrate. Nessuna musica è notata nell'esemplare che noi descriviamo, eppure, sul frontespizio, si dice che questa farsa è musicata dal signor Philidor il primogenito e che è stata rappresentata davanti al re a Marly.
Sfogliando troviamo una sola citazione musicale: alla terza entrata, Première chaconne. Ma il documento sembra essere stato ricostituito ulteriormente perché è montato su pagine a fondo blu, come d'altronde l'opera di De Hesse di cui abbiamo parlato.
Sfogliando la raccolta intitolata SUITE DES DANCES… Qui se jouent ordinairement à tous les Bals chez le Roy, recueillis, mises en ordre & composés la plus grande partie ; par M. Philidor l’aîné, Ordinaire de la Musique du Roy & Garde de tous les Livres de sa Bibliothèque de Musique l’An 1712, abbiamo ritrovato la chaconne che ha come titolo La Chaconne des Savoyards à Marly par Philidor l’aisné.
In questa raccolta è stata anche trascritta La Savoye che troviamo come controdanza e che è presentata in certi manoscritti di arie per ghironda, sempre alla stessa epoca.
Quando la ghironda è diventata uno strumento da salotto, sotto la Reggenza ed il regno di Luigi XV, rappresentava già i piccoli musicisti savoiardi che suonavano nelle strade?
Negli anni 1670, i famosi suonatori di ghironda La Roze e Janot di cui parla Antonio Terrasson nella sua dissertation historique sur la vielle – negli anni 1740 – erano di origine savoiarda?
Erano veramente dei musicisti di strada, quando si immaginano gli abiti che doveva portare Charles Coypeau d'Assoucy nel corso dei suoi spostamenti sulle strade?
Leggendo le sue composizioni non si può considerare costui come un musicista popolare! Sempre secondo Antonio Terrasson, La Roze suonava dei minuetti, delle entrate...e cantava delle operette accompagnandosi con la ghironda. D'Assoucy faceva la stessa cosa, qualche anno prima, con altri strumenti adatti ad un accompagnamento musicale: il liuto, il chitarrone.
Quanto a Janot lui, suonava sulla sua vecchia ghironda delle controdanze ma anche delle arie di opera di Lully come la descente de Mars. Siamo dunque dopo il 1675 data della creazione dell'opera Thésée di Jean-Baptiste Lully che contiene questa aria. Tutto questo repertorio non ha nulla a che vedere con le musiche di strada anche se le si ascoltava nei luoghi di divertimento parigino.
Se risaliamo ancora nel tempo con Jean-Baptiste Lully ci accorgiamo che in due balletti: Le ballet de l’Impatience et Le ballet Ercole Amante, datati del 1661 e 1662, si trova un'aria per suonatori di ghironda.
In Le ballet de l’Impatience, dato al Louvre per celebrare la fine della guerra tra la Francia e la Spagna dove Luigi XIV danza nel ruolo del «grande amante» figura un Air pour les aveugles jouant de la vielle.
Quanto al ballet Ercole Amante ou l’Hercule amoureux, commissionato per le nozze di Luigi XIV e Maria Teresa, infante di Spagna celebrate nel 1659, si trova un'aria intitolata Pour les pèlerins jouant de la vielle che è seguito concert de Guittairne pour Mercure dieu des charlatans.
La distribuzione dell'opera era franco-italiana e faceva appello a dei castrati italiani tra cui Giuseppe Chiarini, che, nella fattispecie era savoiardo e membro, in quel periodo, du cabinet italien della corte di Francia.
Aggiungiamo che in le Ballet du temps, critto nel 1654 e danzato per il Re, la prima entrata è intitolata les colporteurs.
Come si può constatare anche prima dell'«étà d'oro» della ghironda a Parigi – termine che usiamo ai giorni nostri – essa non era solamente nella mani dei mendicanti. D'altronde è rappresentata ai tempi di Jean-Baptiste Lully nelle decorazione dei frontespizi insieme ad altri strumenti all'epoca più conosciuti.
Su questa iconografia si può giustamente notare che la ghironda ha ancora la vecchia forma prima delle trasformazioni organologiche della famiglia Bâton – a partire dal 1716 -. Anne Philidor ha dovuto suonare la chaconne nella mascarade des Savoyards che abbiamo visto in precedenza su una ghironda di questo tipo.
Ma tutti questi fatti storici sono rimasti a lungo nella memoria dei savoiardi? Pare di sì poiché quando Julien Tiersot, bibliotecario del Conservatorio di Parigi e originario dell'Ain raccoglie delle canzoni tradizionali in certe vallate alpine alla fine del XIX secolo, gli si canta per esempio:
Les Espagnols en Italie
L'aria, sui pellegrini di San Giacomo di Compostella, ha un timbro molto antico. La troviamo sotto il titolo Les Pèlerins ma anche Nous voyageons parmi le monde e si adatta bene alla storia di questa canzone. Quanto alla parole: è una vera lezione di storia che narra la guerra nelle Alpi tra le corti principesche.
Ecco qualche spiegazione per meglio comprenderne il senso:
…Et nous sommes pis que Réformés, tous maudits du Saint-Père
Al momento della revoca dell'editto di Nantes nel 1685, Luigi XIV aveva chiesto a Vittorio Amedeo II di opporsi al passaggio degli ugonotti provenienti dal sud della Francia, ma quest'ultimo, pur essendo cattolico, non solo li aveva lasciati passare ma li aveva tollerati nelle sue vallate.
Dom Philippe [Filippo V, re di Spagna], dovendo intervenire nel conflitto, avendo iniziato una spedizione via mare ma avendo fallito a causa della flotta inglese di stanza nel Mediterraneo, ascolta i consigli di sua madre e riparte qualche mese più tardi via terra:
En partant, sa mère dolente, lui dit : mon fils prenez votre route par terre, C’est mon avis, tant mieux, maman, je passerais chez mon beau-père, outre cela j’éviterai la flotte d’Angleterre.
Occorre precisare che Dom Philippe era sposato, in seconde nozze a Maria Luisa Gabriella di Savoia, figlia del Duca Vittorio Amedeo II.
Un'altra canzone è rimasta nella memoria collettiva, Julien Tiersot la menziona come «canzone storica»: Notre duc mal à son aise.
Il ritornello: 
Ramonez-ci, ramonez-là,… La cheminée du haut en bas
E' sotto questo titolo che ritroviamo l'aria in quanto timbro nelle Parodies du Nouveau Théâtre Italien negli anni 1731-1738 e nelle diverse pubblicazioni del Teatro della Fiera fino al 1810.
Qui siamo nel 1703. I parigini protestano contro gli indigenti savoiardi e sono arrabbiati con il Duca di Savoia che considerano come un ingrato.
Ramoneurs que l’indigence presse de venir en France, restez dans vos froids climats. Nous avons au cœur la rage contre votre duc volage, c’est le plus grand des ingrats.
Si apprende che Vittorio Amedeo è entrato in guerra contro suo genero Filippo V. Volendo conquistare Gênes, si allea con il primo venuto e, avendo fallito, lo si tratta di «re della luna». Il suo alleato il portoghese Braganza, e lui stesso, sarebbero capaci di diventare protestanti per arrivare ai loro fini.
Queste due canzoni satiriche si potevano ascoltare sul Ponte Nuovo luogo apprezzato dai parigini per conoscere le ultime notizie e riportarle.
Julien Tiersot menziona anche «Jacotin» un'altra canzone, rimasta in savoiardo, sul tema del natale. L'ha ripresa non dalla memoria collettiva ma da una raccolta edita nel 1555, conservata alla biblioteca Mazarine di Parigi, sotto il titolo Noelz et Chansons nouvellement composez tant en vulgaire francoys que savoysien, dict patois par Nicolas Martin.
Traduzione di Julien Tiersot che, per questo ha chiesto la collaborazione di André Devaux
Ecco qualche estratto:
Jacotin/Gringotin/Un noe fallot/Accordin/Et chantin/Tuyt quatroz en un flot.
Loz chantar prin ey lo diraz Margot/Et la tenour ly pittiot Perotin /L’aultaz contrantaz mon compare Janot/Per bondonnar, ie bondonneray bin
Noz le trouaron asetta sur un plot/Un viou bon hommoz essuyan un pattin/Per loz pupu charfar et tenir chault/Quand de sa mare leysserit lu tetin
Mon compagnon saioz, discret et cault,/Apre liaueir denna un agneillin,/Di à Colin : « Prend le ba un escot/Et per dancyer tochiz loz taborin »
Lanuz et lob o ne furon pa si glot/Qua fare honour a Dioz ne fussian enclin,/Et on leyssiaz de migier un fagot/Per regardar luz petiot enfantin
Loz Rey ply sagoz que voz ne noz et tot,/Lion presenta et denna prou de bin,/Dou lun esteit Gaspard, latroz Melchiot,/Et Baltasard semblabloz a un mourin
Sadevoz quey a parlar per escot ?/Ey loz noz fault craindre et amar bin,/Et son coman fare, ey net pas sot,/Se noz volin parady a la fin.
Jacotin/fredonnons/un Noël plaisant/Accordons nous/ et chantons/ Tous quatre d’un même mouvement
La voix aiguë, Margot la dira /et le ténor, le petit Perrotin/la haute-contre, mon compère Jeannot/pour le bourdon, je bourdonnerai bien.
Là nous trouvâmes assis sur un morceau de bois/un vieux bonhomme essuyant un chiffon/pour réchauffer le poupon et le tenir au chaud/quand il laisserait le sein de sa mère.
Mon compagnon sage, discret et prudent/après lui avoir donné un petit agneau/dit Colin « prends là-bas une baguette/et touche du tambourin pour danser. »
L’âne et le bœuf ne furent pas aussi gloutons/qu’ils ne fussent prêts à rendre hommage à Dieu/Ils ont cessé de manger une botte de foin/pour regarder le petit enfant.
Les rois plus sages que vous, et nous et tous/lui ont présenté et donné assez de richesses/L’un était Gaspard, l’autre Melchior, et Balthasar, semblable à un maure.
Savez vous ce que nous devons dire pour notre part ?/Il nous faut le craindre et l’aimer bien/et faire son commandement : ce n’est pas un sot/si nous voulons le paradis à la fin.
A parte le canzoni, che cosa resta nella tradizione alpina riguardo a quell'epoca?
La lanterna magica, poiché si vedono, nelle numerose iconografie del XIX secolo, degli ambulanti savoiardi partire lungo le strade, sia in famiglia, sia come gruppo di ragazzi, con una lanterna sulla schiena. Come questa famiglia su questo quadro del 1809.
Ma questa lanterna esisteva nei paesi nordici dal XVI secolo. E' diventata magica perché poco a poco la si è perfezionata permettendo di far muovere più immagini alla volta. Effetto che poteva renderla magica agli occhi del pubblico.
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Ecco una scena che rappresenta dei ciarlatani che attirano il pubblico sulla piazza della Concorde a Parigi al passaggio cruciale tra il XVIII e il XIX secolo (quadro di François Frédéric Lemot).
Infine l'esistenza, ancora verso la fine del XIX secolo di uno strumento tradizionale alpino: la ghironda. Queste due sopravvivenze sono sovente associate durante tutto il XIX secolo.
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Secondo i suoi discendenti, Giovanni Conte (nato a Cuneo nel 1847 e morto nel 1933) era un vero uomo orchestra che, lo si vede sulla cartolina rimasta in nostro possesso, viaggiava come Philippot il savoiardo, accompagnato da un bambino – il suo, secondo la sua famiglia – e attirava il pubblico con diversi strumenti del suo tempo tra cui una ghironda.
Altri racconti, come questo testo datato del 1840, sono nettamente meno realisti.
…Pour les habitants d’Allos, les joueurs de vielle sont originaires des vallées piémontaises : St Dalmas, la Stura, Maïra, Varaïta et on raconte qu’à Saint Dalmas le Sauvage, il faut les voir, le jour de la fête du patron, lorsque 200 vielles font retentir les voûtes de l’église de la plus horrible musique qui ai jamais déchiré les oreilles !
Io penso, in quanto suonatrice di ghironda, che il numero delle ghironde è stato un po' esagerato dal narratore. Se si mettono soltanto una o due ghironde a suonare in una chiesa, l'intensità sonora può essere comparata ad un'orchestra; soprattutto in questa prima metà del XIX secolo in cui, le ghironde più vecchie sono state trasformate per risuonare meglio delle ghironde da salotto dell'epoca barocca. La chiesa in questione doveva anche avere una importante luminosità!
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A questi racconti e testimonianze, dobbiamo aggiungere le ghironde conservate nelle Prealpi francesi. Sono tutte di fabbricazione rustica e praticamente tutte montate su una cassa di chitarra, invenzione parigina degli anni 1716.
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Unica eccezione, quella di Giovanni Conte, che era rappresentato con una ghironda su una cassa simile alle casse di liuto:
Questa ghironda era stata fabbricata da un liutaio parigino Jean Louvet ed era datata 1763. In quale regione Giovanni Conte aveva potuto acquistarla nel corso di tutti i suoi viaggi?
I suoi discendenti ci dicono che essa fu riparata nel Bourbonnais a Jenzat dalla famiglia Pimpard nel 1909 secondo l'etichetta che si trova nella ghironda stessa.
Considerata la tradizione di questa famiglia di liutai è assolutamente normale che Giovanni Conte suoni su una ghironda «rotonda», forma ricorrente in questo laboratorio. Siamo lontani dalla tradizione della ghironda nelle Alpi.
Invece, ci è parso interessante studiare qualche rappresentazione iconografica di suonatori di ghironda nelle strade di Parigi e confrontare la forma della loro ghironda con quella delle ghironde conservate nelle Alpi.
Ne abbiamo scelto tre tra le più conosciute:
• La più antica
Quella dello scultore-disegnatore Edme Bouchardon (1698-1762) rappresenta un piccolo suonatore di ghironda con una ghironda detta «chitarra» ma il cui cavigliere ha ancora la forma di quello delle vecchie ghironde dette «trapezoidali»

• Un'altra datata della seconda metà del XVIII secolo
Possiamo osservare che la cassa della sua ghironda ha la forma di una chitarra con il cavigliere che termina con una testa scolpita. Possiamo quindi considerarla posteriore al 1716.
Iconografia conosciuta sotto il nome di Michel Leclerc. L'incisore di questa iconografia è François Robert Ingouf (1747-1812).
Leclerc, era un cognome così conosciuto nel XVIII secolo a Parigi ! Come essere sicuri della sua identità ? Possediamo ancora un manoscritto di poemi di cui uno degli autori sarebbe un certo Michel Leclerc e una data è menzionata per questa raccolta: 1701-1725. Ma è lui ?
• Infine Le vielleux du Pont Neuf d’Augustin de Saint-Aubin (1736-1807)
La sua ghironda è montata su una cassa di chitarra con una testa scolpita che termina il cavigliere come molti strumenti a corda di quell'epoca.
Vi si vede anche come decorazione la filettatura abituale (bicolore, intercalante sovente ebano ed avorio) delle ghironde dei liutai più conosciuti a Parigi sotto il regno di Luigi XV
Invece, essa sembra avere solo quattro corde, contrariamente alla realizzazione strumentale di ghironde del XVIII secolo che ne comporta generalmente sei.

Conclusione

In seguito allo studio condotto da Jean-Michel Guilcher sulle danze e particolarmente sul rigodon (chiamato anche curenta, ai giorni nostri, nel Piemonte italiano) ; quello di Georges Delarue sulle canzoni popolari delle Alpi e di numerosi altri ricercatori; alla luce di tutto ciò che ho trovato sino ad oggi, appare evidente che la tradizione che resta in certe valli dei due versanti delle Alpi all'inizio del XX secolo è la conseguenza di tutti questi avvenimenti storici e culturali.
D'altra parte si è visto che non è possibile catalogare un repertorio musicale come popolare o accademico.
 Risalendo non oltre il XVII secolo, ci si accorge che tutti questi ceti sociali: le corti, che siano di Francia o di altrove, come quella di Torino, i salotti della piccola nobiltà ed infine il popolo, che all'occorrenza è soprattutto rurale, si mescolano costantemente e si arricchiscono vicendevolmente.
D'Assoucy, andando di paese in paese per presentare le sue opere alla corte del ducato di Savoia, doveva essere considerato dai suoi contemporanei come un musicista di cabaret e non di salotti parigini malgrado la notorietà che pretendeva avere in tutte le contrade attraversate. Le canzoni satiriche che si sentivano per le strade di Parigi come Notre duc est mal à son aise prendevano in giro i sovrani. I compositori riconosciuti dalla corte di Francia, come Lully, Philidor facevano figurare nelle loro opere o balletti un'aria per i suonatori di ghironda, non si preoccupavano se questi musicisti erano popolari o no, purché queste opere destinate a Luigi XIV e nelle quali quest'ultimo partecipava come ballerino, avessero successo.
Pensavo ed avevo scritto che nel XVIII secolo la fama della ghironda si era fatta a partire dai salotti, ma dopo lo studio di questa struttura musicale comune sia ad uno strumento patrimoniale che ad una regione precisa, constato che l'interesse che la corte di Francia a avuto nel XVIII secolo in questi campi non ha potuto che influenzare i salotti, che siano francesi o di altri paesi d'Europa.
traduzione dell'articolo de Françoise Bois Poteur, agosto 2018
 Plastico di Exilles – Piemonte nel 1673
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