Itineranze
musicali tra ducato di Savoia e Parigi
sotto il regno di Luigi XIV
e Vittorio Amedeo II
Negli
anni '80 suonavo la
ghironda nel «Berry» e i Provenzali mi chiamavano « Fanchon la
vielleuse » (Franca la suonatrice di ghironda). A Parigi si
diceva que questa celebre Fanchon era savoiarda quindi sono andata a
cercarla nelle Alpi. Ma non ho trovato traccia di lei, nè nella memoria
degli abitanti, nè negli archivi che ho consultato.
Nelle
biblioteche parigine ho, però, potuto accedere a diversi documenti che
mi hanno permesso di raccontare la sua storia nella pubblicazione
intitolata Fanchon
la vielleuse dans les rues de Paris. Ho pensato
quindi che per conoscere le persone che hanno migrato è meglio andare a
cercarle là dove si sono stabilite piuttosto che nel loro paese
d'origine.
Eppure
un gran numero di ghironde è stato ritrovato in certi villaggi delle
Alpi meridionali e mio padre, nato nel 1907, si ricordava molto bene di
alcuni montanari, all'epoca chiamati «gavots» che scendevano sulla
Costa per mendicare suonando la ghironda.
La
nostra famiglia viveva nella zona di Grasses e, da parte mia,
constatavo, negli anni '50/ '60 che i miei compagni di scuola avevano
sovente dei cognomi a consonanza transalpina. Evidentemente, la Contea
di Nizza era geograficamente molto vicina alla Provenza orientale ed ha
a lungo fatto parte del ducato di Savoia.
Un giorno ho scoperto che uno dei miei
avi era stato venditore ambulante ed ho deciso di andare a vedere sul
posto i paesi che aveva attraversato durante quei lunghi anni. Si
trattava del versante alpino occidentale, rimasto francese. Ma
Jean-Joseph Sciaud era andato anche a
Genova.
In
effetti le Alpi non erano una barriera insormontabile, ben al
contrario. Per secoli gli abitanti del versante italiano, e dunque dei
savoiardi, sono venuti a cercare lavoro nelle pianure e sulla costa.
Per
secoli gli abitanti del versante italiano, e dunque dei savoiardi, sono
venuti a cercare lavoro nelle pianure e sulla costa.
Il fenomeno pare essere terminato solo con la guerra del 1940 quando le
frontiere sono state chiuse e coloro che erano in Francia vi si sono
stabiliti definitivamente.
Nell'immaginario
popolare è rimasta l'idea che un savoiardo era un piccolo
spazzacamino... Questi bambini si spostavano in tutta Europa. Oggi
sappiamo che erano anche loro dei venditori ambulanti, esibitori di
lanterne magiche e che divertivano la gente grazie a delle marionette
che facevano danzare al suono della ghironda o di altri strumenti
musicali come, ad esempio, la «
merlinette».
Questo
fenomeno è durato per tutto il XIX secolo. Mi è parso evidente che
doveva aver avuto origine nei secoli precedenti e le mie ricerche mi
hanno condotta fino all'Illuminismo e al XVII secolo.
Sono abituata a trattare
argomenti storici attraverso la musica. Nel caso specifico, altri,
prima di me, hanno fatto analisi approfondite e molto interessanti
circa l'influenza dei musicisti e artisti italiani presso la corte del
Re di Francia: penso tra l'altro alla pubblicazione edita dal Centro di
Musica Barocca di Versailles nel 2004 in onore di importanti lavori di
ricerca effettuati da Jean Lionnet durante il suo soggiorno a
Roma: Les
Italiens à la cour de France de Marie de Médicis au régent Philippe
d’Orléans.
Essendo
la mia specialità le musiche popolari e di salotto del XVII et XVIII
secolo è attraverso queste che tratterò il mio tema che viene a
completare, spero, tutti questi studi sui compositori italiani a
Parigi. Ci collochiamo dunque tra il 1640 e il 1750 per studiare i
rapporti sia storici che musicali tra il ducato di Savoia e Parigi.
E'
molto difficile precisare le frontiere di questo ducato, tenuto conto
di tutte le guerre che le hanno regolarmente spostate in così poco
tempo. Ecco una carta geografica che mi è parsa molto comprensibile. Si
vede che questo ducato ingloba in gran parte il massiccio delle Alpi.
Durante
lo spoglio delle fonti ufficiali a Parigi ho evidentemente constatato
una presenza ed un ruolo importante delle istituzioni culturali
italiane: Teatro italiano, Commedia italiana.
Negli
spartiti molte opere sono dette «di stile italiano». Ma questi
italiani, da quale regione della penisola venivano esattamente? Non è
sempre facile stabilirlo...
Invece
gli scambi tra i regno di Francia ed il ducato sono numerosi e
comprovati. Citiamo qualche caso:
- Il conte Filippo d'Aglié (1604-1667) cortigiano,
diplomatico, coreografo e compositore al servizio del cardinale
Maurizio di Savoia, poi del duca Carlo Emanuele I (1630-1637) e infine
della duchessa Cristina, dopo aver passato quattro anni a Parigi sotto
il regno di Luigi XIII, rientrato alla corte di Torino diventa l'autore
di intrattenimenti e balletti – con una coreografia di stile francese –
ma anche di spettacoli sull'acqua e di giostre che adatta al gusto dei
principi della corte di Savoia.
- Paul La Pierre (1612-dopo
1690) originario di Avignone, violonista, maestro di danza e
compositore ha fatto carriera essenzialmente alla corte di Torino dove
fu maestro di danza di Carlo Emanuele II.
- E ancora Marc-Roger Normand
(1663-1734),cugino di François Couperin, ha lavorato alla corte di
Torino a partire dal 1688. Si nota d'altronde che, qualche anno più
tardi, François Couperin scriverà le sue prime sonate «all'italiana»
che saranno in seguito integrate in Les Nations nel
1726.
Nei
salotti parigini, si fa la parodia delle opere italiane, come il
compositore [Philippe]
Du Gué che pubblica verso il 1735 delle sonates
dans le goût italien.
Erano
vendute tra
l'altro a Parigi presso Chédeville il primogenito. Contrariamente alla
musica francese il nome dei «movimenti» è scritto in italiano.
Non
dimentichiamo inoltre che Nicolas Chédeville, detto il cadetto,
pubblica nel 1740 delle pantomimes
italiennes per
gli strumenti di moda all'epoca nei salotti parigini come la cornamusa,
la ghironda ...e un adattamento, per questi stessi strumenti a bordoni,
dei concerti di Antonio Vivaldi che chiamerà Le
Printemps ou les saisons amusantes.
Ci si
può chiedere
se le parole «italiano», «savoiardo» avevano un significato ben preciso
per i parigini, che si tratti del popolo o delle persone notabili. In
ogni caso si trovano sovente melodie che hanno come titolo la
savoyarde, les savoyards,
suonate e ripubblicate durante tutto il XVIII secolo e che conservano
il loro titolo servendo sovente da supporto musicale a delle
coreografie di controdanze.
Dove
era possibile
ascoltare tutte queste opere di cui parliamo? Un po' ovunque. Non si
deve credere che i ceti sociali erano chiusi. I notabili, come il
popolo, ascoltavano le ultime notizie per strada, nei cabarets, lungo i
viali grazie ai cantastorie che assumevano, in un certo qual modo, il
ruolo della stampa per i non lettori. Al contrario i borghesi facevano
entrare nei loro salotti i musicisti di strada, per divertire i loro
amici. Facevano la stessa cosa nei confronti dei musicisti e dei
compositori ancora poco conosciuti e che potessero essere programmati
al Concert Spirituel.
Andiamo
noi stessi a passeggiare nelle strade, nei salotti e alla corte.
Le strade
Cominciamo
dalla strada con un personaggio significativo Philippot
le Savoyard, se faisant aussi appelé le
capitaine
. Aveva l'abitudine di installarsi sul Ponte Nuovo ma percorreva anche
tutto il regno di Francia. Di lui si sa che suo padre era anche lui
cantante di strada. Arrivavano realmente dalla Savoia? Niente è sicuro.
Philippot
deve
essere nato verso il1600 e che era diventato cieco a causa di una vita
dissoluta che amava raccontare. La sua voce potente, i suoi gesti
burleschi e le sue pantomime interpellavano i passanti; accompagnato da
bambini o da una donna per guidarlo e leggergli o trascrivere le sue
canzoni.
I suoi
quaderni sono stati pubblicati dall'editore Ballard negli anni 1640 ma
si parla anche di altre accolte: Recueil
général des chansons du capitaine Savoyard chantées par lui seul dans
Paris en 1645. E anche, Recueil
nouveau des chansons du Savoyard chantées par lui seul dans Paris en
1656 ; réimpression en 1661 et 1665.
Quest'ultima
ristampa è stata nuovamente ripubblicata dall'editore parigino Jules
Gay nel 1862 con una premessa del bibliofilo Achille Percheron.
Philippot le vendeva anche direttamente.
Troviamo
queste
informazioni nel racconto delle sue avventure fatto da Charles Coypeau
d'Assoucy e pubblicato da Claude Audinet nel 1677.
D'Assoucy
(scritto
anche Dassoucy) in occasione di uno dei suoi viaggi verso il ducato di
Savoia, racconta in modo dettagliato il suo incontro con il Savoiardo e
ci parla di lui come di un cieco. Dopo una rissa che si svolge in un
ambiente popolare (come una locanda), D'Assoucy è stato soccorso da due
cappuccini e dal Savoiardo. Quest'ultimo chiede a d'Assoucy di
lasciargli scrivere una canzone e si complimenta con lui.
I due
si scoprono
dei punti in comune: come quello di andare a cantare davanti alle porte
delle case. Il Savoiardo... tirò fuori dalla tasca un piccolo libro
coperto di carta blu.....unirono le loro voci....e tutti e due
cantarono queste gradevoli canzoni; il tutto in perfetta allegria.
D'Assoucy
si
felicita con il Savoiardo con queste parole: «Avete ragione di definire
la canzone patetica e ricreativa, poiché nell'insieme ci ha fatto
ridere e piangere...ha sfidato le più belle menti contemporanee che non
potranno mai imitarla e sebbene le rime fossero triviali e le
espressioni volgari....erano infinitamente preferibili a tutte le rime
piatte e glaciali di tanti poeti noiosi».
D'Assoucy,
non
volendo perdere la traccia di un tale personaggio gli chiede il suo
nome e il luogo in cui tiene il suo salotto letterario. E in uno
slancio di simpatia gli offre da mangiare e da bere e i due uomini si
scambiano una raccolta delle loro canzoni.
Il
Savoiardo rifiuta
quello di d'Assoucy pretendendo che il suo uditorio non è in grado di
apprezzare questo genere musicale. E scopriamo che il padre del
savoiardo cantava delle opere di Pierre Guédron (compositore, cantore e
liutaio, maestro di musica del re Luigi XIII e che Philippot deplorava
che lo stile musicale fosse talmente cambiato da allora, preferendo le
vecchie canzoni alle facezie attuali.
Ma
chi era questo Signor D'Assoucy?
E' in
un altro racconto da lui stesso intitolato les
aventures burlesques de
d’Assoucy e pubblicato l'anno stesso della
sua morte (1677) che apprendiamo che il suo autore si chiamava Charles
Coypeau d'Assoucy.
Pareva
essere di
condizione sociale più elevata del Savoiardo anche se ci parla dei suoi
continui problemi di soldi dovuti al suo vizio: il gioco. Si
considerava di nobile estrazione. Sua madre era cantante e liutaia di
origine lorena e suo padre avvocato presso il Parlamento di Parigi, era
originario della Borgogna. Tra i suoi avi figurava un celebre
fabbricante di violini a Cremona.
I suoi
genitori si
erano separati molto presto e il piccolo Charles aveva iniziato molto
presto a vagabondare per le strade, cosa che gli aveva permesso di
scoprire questo mondo di cantanti e musicisti ambulanti.
Non
contento di
andare in giro per le vie della capitale era partito verso altre città
del Regno al servizio di persone diverse, come una badessa a Corbeil,
poi un notabile a Calais. Ma parecchi dei suoi viaggi avevano avuto
come destinazione il ducato di Savoia.
Come
per altri molto coloriti personaggi, una vera e propria leggenda, come
le amavano gli autori del XIX secolo, è stata costruita intorno a
d'Assoucy e al suo incontro con il Savoiardo. Paul Lacroix, per
esempio, ci ha lasciato un'opera su questo argomento, edita da
C. Delagrave al passaggio tra il XVIII e XIX secolo Les
hauts faits de Charles d'Assoucy ; Une
famille de musiciens. Ma nella sua
prefazione si dice che questo racconto faceva parte delle storie che si
raccontavano ai bambini.
Questo
incontro originale tra un cantore popolare, che si diceva savoiardo, e
un liutista compositore è veramente avvenuto. In effetti, d'Assoucy
ha ben effettuato, come molti musicisti che cercavano la notorietà, dei
viaggi in luoghi lontani e soprattutto a più riprese fino al ducato di
Savoia. Malgrado la sua origine notabile ha vissuto più, secondo le sue
stesse parole, sulle strade e nei cabarets che nei luoghi del
divertimento della capitale.
Questo
esempio ben documentato, ci pare particolarmente interessante per
collegare il mondo dei musicisti di strada a quello dei salotti e
quello della vita culturale parigina a quello della corte della Regina
Cristina di Francia a Torino negli anni 1640. La destinazione
principale dei viaggi di d'Assoucy era il ducato di Savoia.
Ma le
sue avventure lungo il percorso l'hanno fatto sovente deviare, almeno
provvisoriamente, dalla strada più diretta. Egli è molto fiero di
spiegarci che la sua buona reputazione di musicista/poeta lo precedeva
ad ogni tappa.
Dopo
aver attraversato la Borgogna, Lyon, Pézenas, Béziers, Narbonne,
Avignon, Marseille, Antibes, Nice, Monaco finì per arrivare a Torino
dove, lui e il suo cantore Pierrotin, furono ben accolti dalle Altezze
reali della corte di Cristina di Francia.
E' nei
saloni della residenza secondaria di quest'ultima che si tenevano i
festeggiamenti al «Palazzo della Vigna» (attualmente «Villa Regina»)
sulle rive del Po. D'Assoucy dedica alla duchessa Cristina delle
canzoni, come quella che segue, dopo la morte del suo sposo Vittorio
Amedeo I, epoca in cui elle diventa reggente del ducato. Canzoni
pubblicate dall'editore Ballard nel 1653.
Divins
soleils, beaux yeux, célestes phares/Voyez ici trois malheureux
Icares/
Trois cœurs mourant d’une atteinte mortelle/Trois papillons
brûlés à la chandelle.
Unique
espoir où ma douleur aspire/Finis les mots dont mon âme soupire/
Dedans
mon sang, o mort ! Trempe tes armes/Abandonnant la princesse des
charmes…
Occore
precisare che da parecchio tempo questo ducato era attratto dalle altre
corti principesche per ciò che concerne le arti. Verso la fine del XVI
secolo, il principe Thomas, dopo aver a lungo servito il regno di
Spagna nella guerra delle Fiandre, aveva avuto occasione di fare
amicizia con i grandi maestri di questo paese ed aveva acquistato molte
loro opere. Suo fratello, il cardinale Maurizio di Savoia preferiva
invece gli artisti italiani e Cristina di Francia continua a sviluppare
le arti nel suo palazzo di Torino.
I salotti
Nel
secolo seguente, troviamo un'opera musicale di un certo Venceslas
Spourni, che scrive delle sonate per due sopra e basso, che dedica al
suo mecenate il principe di Carignano, di cui ecco qui il titolo
originale:
VI
SONATES/POUR une Musette ou Vielle,/Violon et basse/Par/VENCESLAS
SPOURNI/Compositeur de Feu S.A.S./Monseigneur. LE PRINCE DE CARIGNAN
Nella
sua opera La
Pouplinière et la musique de chambre au XVIIIe
siècle pubblicata nel 1913, lo storico
della musica, Georges Cucuel ci spiega che il Principe di Carignano
sarebbe Vittorio Amedeo Giuseppe di Savoia, un appassionato di teatro e
di musica. Egli fu d'altronde ispettore dell'Opera di Parigi a partire
dal 1730 fino alla sua morte nel 1741, periodo durante il quale dava
dei concerti domenicali. Secondo Cucuel il principe di Carignano
avrebbe sposato una figlia naturale di Vittorio-Amedeo II, Maria
Vittoria Franca Carignano (1690-1766).
La
coppia, fortemente indebitata, si era installata a Parigi nel 1718
sotto la reggenza di Philippe d'Orléans. Nel 1730 Luigi XV aveva
nominato il Principe di Carignano «Intendente ai Piccoli
Piaceri».Installato al Palazzo de Soissons vi organizzava i suoi propri
concerti.
Georges
Cucuel ci dice che in questa occasione il Principe di Carignano ha
dovuto fare la conoscenza del Signor Le
Riche de la Pouplinière, intendente generale e coordinatore
delle feste musicali, con cui aveva delle relazioni a volte movimentate.
Il
Principe di Crignano è morto il 4 aprile 1741, cosa che spiega la
dicitura Compositeur
de Feu S.A.S./Monseigneur sul frontespizio delle
sonate di Venceslas Spourni. L'esemplare di queste sonate conservato
alla Biblioteca Nazionale di Francia cita un privilegio del Re ma senza
data. François Lesure nel suo catalogo catalogue
de la musique imprimée avant 1800 conservée dans les bibliothèques
publiques de Paris indica una data intorno
al 1741.
Dai salotti alla corte la strada è corta.
Abbiamo
parecchi esempi che ci mostrano che le rappresentazioni musicali sono a
volte in tonalità savoiarda.
Esaminiamo
innanzitutto un'opera di un certo signor De Hesse conservata alla
Biblioteca dell'Arsenale di Parigi, alla quale la Biblioteca Nazionale
di Francia ha dato come titolo [Argument
de] Le ballet des
savoyards/de la composition de Monsieur De Hesse.
Si può
datare questo balletto del 1749. Jean-Baptiste de Hesse (1705-1779) è
conosciuto come commediante, coreografo, ballerino e maestro di
balletto della Commedia Italiana dal 1738 al 1757.
Sfogliandolo
ci accorgiamo che questo quaderno è composto di foglietti editi nel
XVIII secolo e riuniti tra loro. Secondo la biblioteca questa opera
sarebbe un dono di un certo G Douay; sarebbe Geoges Douay, compositore,
deceduto nel 1919?
Vi si
legge:
Le
ballet des Savoyards de la composition de Monsieur De Hesse. Ce ballet,
en partie pantomime, dont le succès prodigieux se soutient encore au
Théâtre Italien, a été donné pour la première fois le Samedi 30 Août
1749. Mademoiselle Favart, alors dans son premier début, y fit
connaître ses talents pour la danse et le vaudeville.
Celui
qu’elle y chante est une ronde dans le goût des porteuses de marmotte,
dont M. Favart est l’auteur…
…
La
mode de la musique italienne a jeté Mademoiselle Favart dans une
nouvelle carrière qui ne lui fait pas moins d’honneur, et où le public
doit lui tenir compte du travail assidu qu’elle est maintenant obligée
de joindre aux dons de la nature.
Nous
croyons qu’on nous sera grès d’ajouter ici, tant la ronde dont nous
venons de parler, que les différents airs ou Vaudevilles de la
composition de Mr Favart, qui ont été chantés à la Cour et à Paris aux
différentes reprises de ce ballet, par les demoiselles Favart et de
Hesse, et le sieur Chanville.
Sappiamo
che la signorina Favart, la signorina De Hesse e il signor Chanville
erano degli attori del XVIII secolo che lavoravano per il signor Favart
padre del Teatro Italiano.
La
ronda comincia in questi termini:
Mon
paire, aussi ma maire/M’ont voulu marida/Derida/
A c’ta saison dernière/Avec
un
avocat/Hé ! coussi coussa,/
A c’t heure-là,/Le pauvre amant que voilà !
L'autrice
non aveva l'aria molto soddisfatta di suo marito ma fortunatamente
passa un savoiardo:
Par-là,
par aventure,/Passa mon Savoya,/Derida ;/
Il pansa ma blessure, et me
faisa sauta/Hé ! coussi coussa,/
A c’t heure-là,/Sauta la Catarina.
La
riproduzione di questo balletto che oggi noi possediamo non contiene
alcuna melodia ma noi abbiamo potuto ritrovarla nella nostra
base-dati Cythère. Essa
porta anche il nome di «savoiarda» quando Esprit Philippe Chédeville la
trascrive in due sue raccolte edite lo stesso anno, come «operette» o
«controdanze». Diventata un timbro in un'altra fonte, essa è allora
menzionata sotto il titolo Dans
un bois solitaire où Vénus inventa dirida.
Un'altra
operetta segue. Ecco le prime parole:
Habitants
de ces montagnes,/N’attendez point les frimas ; /
Déjà Flore, dans nos
campagnes,/Languit et perd ses appas/
Les jeux vont quitter nos asiles
;/Mais en France, au sein des villes,/
Ils voleront sur vos pas ;/Partez
pour ces heureux climats ; /
On y voit régner l’allégresse…
Il
signor Chanville è travestito da savoiardo e canta:
Ne
regrettons point nos champs,/Fuyons la triste indigence,/
En France, on trouve en tout temps/Les plaisirs et l’abondance,/
Les peuples y sont contents,/Tout est pour eux, jouissance./
Allons tous en France, mes enfants,/Allons en France,/
Nous n’avons rien apprêté/Pour faire notre voyage ;/
Nos talents, notre gaîté,/Nous tiennent lieu d’équipage/
Par des danses, par des chants,/Nous payons notre dépense…
… La
gaîté confond les rangs,/Dans ce pays de cocagne ;/
On y reçoit bien les
gens/Que le plaisir accompagne,/
On y trouve chez les grands,/Doux
accueil sans suffisance…
…
C’est
là que les avocats/D’une gaillarde éloquence/
Par mille traits
délicats,/Réjouissent l’audience ;/
Les Abbés y sont galants…
…
La
grand’ville de Paris/Sera notre résidence/
C’est là que tous les
esprits/Sont gais avec pétulance ; /
On y marche en fredonnant ; /On s’y
promène en cadence…
Visto
il successo riportato in città, il balletto è stato riprodotto davanti
alla corte di Francia il 20 marzo 1754 nel teatro di Versailles.
Già
nel 1700 la Savoia ed i suoi abitanti erano alla moda nella capitale
francese sia per le strade che alla corte perché abbiamo ritrovato una
raccolta intitolata Mascarade des savoyards. E' conservata alla
Biblioteca Nazionale di Francia.
In
seconda pagina, si trova la lista degli attori di questa opera teatrale.
Sono
citati al tempo stesso i nomi degli attori ed il loro ruolo.
L'attore
principale Galanty,
vieux savoyard conduisant sa famille Arlequin …
…
Quatre
Savoyards portans des Boëtes de curiositez …
…
Quatre
jeunes Savoyards, dansans….
SAVOYARDS,
joüans des Instruments.
Tra i
sette strumentisti menzionati - travestiti da savoiardi, sembra,
troviamo quattro membri della famiglia Danican-Philidor - vale a dire
due all'oboe, un al fagotto e una alla ghironda: Anne figlio di
Philidor il primogenito autore della musica di questa opera.
Un
testo e dei cori si rispondono sotto la forma di quattro entrate.
Nessuna musica è notata nell'esemplare che noi descriviamo, eppure, sul
frontespizio, si dice che questa farsa è musicata dal signor Philidor
il primogenito e che è stata rappresentata davanti al re a Marly.
Sfogliando
troviamo una sola citazione musicale: alla terza entrata, Première
chaconne. Ma il documento sembra essere stato
ricostituito ulteriormente perché è montato su pagine a fondo blu, come
d'altronde l'opera di De Hesse di cui abbiamo parlato.
Sfogliando
la raccolta intitolata SUITE DES
DANCES… Qui se jouent ordinairement à tous les Bals chez le Roy,
recueillis, mises en ordre & composés la plus grande partie ;
par M. Philidor l’aîné, Ordinaire de la Musique du Roy & Garde
de tous les Livres de sa Bibliothèque de Musique l’An 1712,
abbiamo ritrovato la chaconne che ha come titolo La
Chaconne des Savoyards à Marly par Philidor l’aisné.
In
questa raccolta è stata anche trascritta La
Savoye che troviamo come controdanza e che
è presentata in certi manoscritti di arie per ghironda, sempre alla
stessa epoca.
Quando
la ghironda è diventata uno strumento da salotto, sotto la Reggenza ed
il regno di Luigi XV, rappresentava già i piccoli musicisti savoiardi
che suonavano nelle strade?
Negli
anni 1670, i famosi suonatori di ghironda La Roze e Janot di cui parla
Antonio Terrasson nella sua dissertation
historique sur la vielle – negli anni 1740 – erano
di origine savoiarda?
Erano
veramente dei musicisti di strada, quando si immaginano gli abiti che
doveva portare Charles Coypeau d'Assoucy nel corso dei suoi spostamenti
sulle strade?
Leggendo
le sue composizioni non si può considerare costui come un musicista
popolare! Sempre secondo Antonio Terrasson, La Roze suonava dei
minuetti, delle entrate...e cantava delle operette accompagnandosi con
la ghironda. D'Assoucy faceva la stessa cosa, qualche anno prima, con
altri strumenti adatti ad un accompagnamento musicale: il liuto, il
chitarrone.
Quanto
a Janot lui, suonava sulla sua vecchia ghironda delle controdanze ma
anche delle arie di opera di Lully come la descente
de Mars. Siamo dunque dopo il 1675 data della creazione
dell'opera Thésée
di Jean-Baptiste Lully che contiene questa aria. Tutto questo
repertorio non ha nulla a che vedere con le musiche di strada anche se
le si ascoltava nei luoghi di divertimento parigino.
Se
risaliamo ancora nel tempo con Jean-Baptiste Lully ci accorgiamo che in
due balletti: Le
ballet de l’Impatience et Le ballet
Ercole Amante, datati del 1661 e 1662, si trova un'aria
per suonatori di ghironda.
In Le
ballet de l’Impatience, dato al Louvre per
celebrare la fine della guerra tra la Francia e la Spagna dove Luigi
XIV danza nel ruolo del «grande amante» figura un Air
pour les aveugles jouant de la vielle.
Quanto
al ballet
Ercole Amante ou l’Hercule
amoureux, commissionato per le nozze di Luigi XIV e
Maria Teresa, infante di Spagna celebrate nel 1659, si trova un'aria
intitolata Pour les pèlerins jouant de
la vielle che è seguito
concert
de Guittairne pour Mercure dieu des charlatans.
La
distribuzione dell'opera era franco-italiana e faceva appello a dei
castrati italiani tra cui Giuseppe Chiarini, che, nella fattispecie era
savoiardo e membro, in quel periodo, du cabinet italien
della corte di Francia.
Aggiungiamo
che in le
Ballet du temps, critto nel 1654 e danzato per il
Re, la prima entrata è intitolata les colporteurs.
Come
si può constatare anche prima dell'«étà d'oro» della ghironda a Parigi
– termine che usiamo ai giorni nostri – essa non era solamente nella
mani dei mendicanti. D'altronde è rappresentata ai tempi di
Jean-Baptiste Lully nelle decorazione dei frontespizi insieme ad altri
strumenti all'epoca più conosciuti.
Su
questa iconografia si può giustamente notare che la ghironda ha ancora
la vecchia forma prima delle trasformazioni organologiche della
famiglia Bâton – a partire dal 1716 -. Anne Philidor ha dovuto suonare
la chaconne nella mascarade
des Savoyards che abbiamo visto in
precedenza su una ghironda di questo tipo.
Ma
tutti questi fatti storici sono rimasti a lungo nella memoria dei
savoiardi? Pare di sì poiché quando Julien Tiersot, bibliotecario del
Conservatorio di Parigi e originario dell'Ain raccoglie delle canzoni
tradizionali in certe vallate alpine alla fine del XIX secolo, gli si
canta per esempio:
Les
Espagnols en Italie
L'aria,
sui pellegrini di San Giacomo di Compostella, ha un timbro molto
antico. La troviamo sotto il titolo Les
Pèlerins ma anche Nous
voyageons parmi le monde e si adatta bene alla storia di questa
canzone. Quanto alla parole: è una vera lezione di storia che narra la
guerra nelle Alpi tra le corti principesche.
Ecco
qualche spiegazione per meglio comprenderne il senso:
…Et nous
sommes pis que Réformés, tous maudits du Saint-Père…
Al
momento della revoca dell'editto di Nantes nel 1685, Luigi XIV aveva
chiesto a Vittorio Amedeo II di opporsi al passaggio degli ugonotti
provenienti dal sud della Francia, ma quest'ultimo, pur essendo
cattolico, non solo li aveva lasciati passare ma li aveva tollerati
nelle sue vallate.
Dom
Philippe [Filippo V, re di Spagna], dovendo intervenire nel conflitto,
avendo iniziato una spedizione via mare ma avendo fallito a causa della
flotta inglese di stanza nel Mediterraneo, ascolta i consigli di sua
madre e riparte qualche mese più tardi via terra:
En
partant, sa mère dolente, lui dit : mon fils prenez votre route par
terre, C’est mon avis, tant mieux, maman, je passerais chez mon
beau-père, outre cela j’éviterai la flotte d’Angleterre.
Occorre
precisare che Dom Philippe era sposato, in seconde nozze a Maria Luisa
Gabriella di Savoia, figlia del Duca Vittorio Amedeo II.
Un'altra
canzone è rimasta nella memoria collettiva, Julien Tiersot la menziona
come «canzone storica»: Notre duc mal à son
aise.
Il
ritornello:
Ramonez-ci,
ramonez-là,… La cheminée du haut en bas
E'
sotto questo titolo che ritroviamo l'aria in quanto timbro
nelle Parodies
du Nouveau Théâtre Italien negli anni
1731-1738 e nelle diverse pubblicazioni del Teatro della Fiera fino al
1810.
Qui
siamo nel 1703. I parigini protestano contro gli indigenti savoiardi e
sono arrabbiati con il Duca di Savoia che considerano come un ingrato.
Ramoneurs
que l’indigence presse de venir en France, restez dans vos froids
climats. Nous avons au cœur la rage contre votre duc volage, c’est le
plus grand des ingrats.
Si
apprende che Vittorio Amedeo è entrato in guerra contro suo genero
Filippo V. Volendo conquistare Gênes,
si allea con il primo venuto e, avendo fallito, lo si tratta di «re
della luna». Il suo alleato il portoghese Braganza, e lui stesso,
sarebbero capaci di diventare protestanti per arrivare ai loro fini.
Queste
due canzoni satiriche si potevano ascoltare sul Ponte Nuovo luogo
apprezzato dai parigini per conoscere le ultime notizie e riportarle.
Julien
Tiersot menziona anche «Jacotin» un'altra canzone, rimasta in
savoiardo, sul tema del natale. L'ha ripresa non dalla memoria
collettiva ma da una raccolta edita nel 1555, conservata alla
biblioteca Mazarine di Parigi, sotto il titolo Noelz
et Chansons nouvellement composez tant en vulgaire
francoys que savoysien, dict patois par Nicolas Martin.
Traduzione di
Julien Tiersot che, per questo ha chiesto la collaborazione di
André
Devaux
Ecco qualche estratto:
Jacotin/Gringotin/Un
noe fallot/Accordin/Et chantin/Tuyt quatroz en un
flot.
Loz
chantar prin ey lo diraz
Margot/Et la tenour ly pittiot Perotin /L’aultaz contrantaz mon compare
Janot/Per bondonnar, ie bondonneray bin
Noz
le
trouaron asetta sur
un plot/Un viou bon hommoz essuyan un pattin/Per loz pupu charfar et
tenir chault/Quand de sa mare leysserit lu tetin
Mon
compagnon saioz, discret
et cault,/Apre liaueir denna un agneillin,/Di à Colin : « Prend le ba
un escot/Et per dancyer tochiz loz taborin »
Lanuz
et
lob o ne furon pa
si glot/Qua fare honour a Dioz ne fussian enclin,/Et on leyssiaz de
migier un fagot/Per regardar luz petiot enfantin
Loz
Rey
ply sagoz que voz ne
noz et tot,/Lion presenta et denna prou de bin,/Dou lun esteit Gaspard,
latroz Melchiot,/Et Baltasard semblabloz a un mourin
Sadevoz
quey a parlar per
escot ?/Ey loz noz fault craindre et amar bin,/Et son coman fare, ey
net pas sot,/Se noz volin parady a la fin.
Jacotin/fredonnons/un
Noël plaisant/Accordons nous/ et chantons/ Tous
quatre d’un même mouvement
La
voix
aiguë, Margot la
dira /et le ténor, le petit Perrotin/la haute-contre, mon compère
Jeannot/pour le bourdon, je bourdonnerai bien.
Là
nous
trouvâmes assis sur
un morceau de bois/un vieux bonhomme essuyant un chiffon/pour
réchauffer le poupon et le tenir au chaud/quand il laisserait le sein
de sa mère.
Mon
compagnon sage, discret
et prudent/après lui avoir donné un petit agneau/dit Colin « prends
là-bas une baguette/et touche du tambourin pour danser. »
L’âne
et
le bœuf ne furent
pas aussi gloutons/qu’ils ne fussent prêts à rendre hommage à Dieu/Ils
ont cessé de manger une botte de foin/pour regarder le petit enfant.
Les
rois
plus sages que
vous, et nous et tous/lui ont présenté et donné assez de richesses/L’un
était Gaspard, l’autre Melchior, et Balthasar, semblable à un maure.
Savez
vous ce que nous
devons dire pour notre part ?/Il nous faut le craindre et l’aimer
bien/et faire son commandement : ce n’est pas un sot/si nous voulons le
paradis à la fin.
A parte
le canzoni, che cosa resta nella tradizione alpina riguardo a
quell'epoca?
La
lanterna magica, poiché si vedono, nelle numerose iconografie del XIX
secolo, degli ambulanti savoiardi partire lungo le strade, sia in
famiglia, sia come gruppo di ragazzi, con una lanterna sulla schiena.
Come questa famiglia su questo quadro del 1809.
Ma
questa lanterna esisteva nei paesi nordici dal XVI secolo. E' diventata
magica perché poco a poco la si è perfezionata permettendo di far
muovere più immagini alla volta. Effetto che poteva renderla magica
agli occhi del pubblico.
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Ecco una scena che rappresenta dei ciarlatani che attirano il pubblico
sulla piazza della Concorde a Parigi al passaggio cruciale tra il XVIII
e il XIX secolo (quadro di François Frédéric Lemot).
Infine
l'esistenza, ancora verso la fine del XIX secolo di uno strumento
tradizionale alpino: la ghironda. Queste due sopravvivenze sono sovente
associate durante tutto il XIX secolo.
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Secondo i suoi
discendenti, Giovanni Conte (nato a Cuneo nel 1847 e morto nel 1933)
era un vero uomo orchestra che, lo si vede sulla cartolina rimasta in
nostro possesso, viaggiava come Philippot il savoiardo, accompagnato da
un bambino – il suo, secondo la sua famiglia – e attirava il pubblico
con diversi strumenti del suo tempo tra cui una ghironda.
Altri
racconti, come questo testo datato del 1840, sono nettamente meno
realisti.
…Pour
les habitants d’Allos, les joueurs de vielle sont originaires des
vallées piémontaises : St Dalmas, la Stura, Maïra, Varaïta et on
raconte qu’à Saint Dalmas le Sauvage, il faut les voir, le jour de la
fête du patron, lorsque 200 vielles font retentir les voûtes de
l’église de la plus horrible musique qui ai jamais déchiré les oreilles
!
Io
penso, in quanto suonatrice di ghironda, che il numero delle ghironde è
stato un po' esagerato dal narratore. Se si mettono soltanto una o due
ghironde a suonare in una chiesa, l'intensità sonora può essere
comparata ad un'orchestra; soprattutto in questa prima metà del XIX
secolo in cui, le ghironde più vecchie sono state trasformate per
risuonare meglio delle ghironde da salotto dell'epoca barocca. La
chiesa in questione doveva anche avere una importante luminosità!
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A questi racconti e testimonianze, dobbiamo aggiungere le ghironde
conservate nelle Prealpi francesi. Sono tutte di fabbricazione rustica
e praticamente tutte montate su una cassa di chitarra, invenzione
parigina degli anni 1716.
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Unica eccezione, quella di Giovanni Conte, che era rappresentato con
una ghironda su una cassa simile alle casse di liuto:
Questa
ghironda era stata fabbricata da un liutaio parigino Jean Louvet ed era
datata 1763. In quale regione Giovanni Conte aveva potuto acquistarla
nel corso di tutti i suoi viaggi?
I suoi
discendenti ci dicono che essa fu riparata nel Bourbonnais a Jenzat
dalla famiglia Pimpard nel 1909 secondo l'etichetta che si trova nella
ghironda stessa.
Considerata
la tradizione di questa famiglia di liutai è assolutamente normale che
Giovanni Conte suoni su una ghironda «rotonda», forma ricorrente in
questo laboratorio. Siamo lontani dalla tradizione della ghironda nelle
Alpi.
Invece,
ci è parso interessante studiare qualche rappresentazione iconografica
di suonatori di ghironda nelle strade di Parigi e confrontare la forma
della loro ghironda con quella delle ghironde conservate nelle Alpi.
Ne
abbiamo scelto tre tra le più conosciute:
• La più antica
Quella dello scultore-disegnatore Edme
Bouchardon (1698-1762) rappresenta un piccolo suonatore di
ghironda con una ghironda detta «chitarra» ma il cui cavigliere ha
ancora la forma di quello delle vecchie ghironde dette «trapezoidali»
• Un'altra datata della
seconda metà del XVIII secolo
Possiamo osservare
che la cassa della sua ghironda ha la forma di una chitarra con il
cavigliere che termina con una testa scolpita. Possiamo quindi
considerarla posteriore al 1716.
Iconografia
conosciuta sotto il nome di Michel Leclerc.
L'incisore di questa iconografia è François Robert Ingouf (1747-1812).
Leclerc,
era un cognome così conosciuto nel XVIII secolo a Parigi ! Come essere
sicuri della sua identità ? Possediamo ancora un manoscritto di poemi
di cui uno degli autori sarebbe un certo
Michel Leclerc e una data è menzionata per questa raccolta: 1701-1725.
Ma è lui ?
• Infine Le
vielleux
du Pont Neuf d’Augustin de Saint-Aubin (1736-1807)
La sua
ghironda è montata su una cassa di chitarra con una testa scolpita che
termina il cavigliere come molti strumenti a corda di quell'epoca.
Vi si
vede anche come decorazione la filettatura abituale (bicolore,
intercalante sovente ebano ed avorio) delle ghironde dei liutai più
conosciuti a Parigi sotto il regno di Luigi XV
Invece,
essa sembra avere solo quattro corde, contrariamente alla realizzazione
strumentale di ghironde del XVIII secolo che ne comporta generalmente
sei.
Conclusione
In
seguito allo studio condotto da Jean-Michel Guilcher sulle danze e
particolarmente sul rigodon (chiamato anche curenta, ai giorni nostri,
nel Piemonte italiano) ; quello di Georges Delarue sulle canzoni
popolari delle Alpi e di numerosi altri ricercatori; alla luce di tutto
ciò che ho trovato sino ad oggi, appare evidente che la tradizione che
resta in certe valli dei due versanti delle Alpi all'inizio del XX
secolo è la conseguenza di tutti questi avvenimenti storici e culturali.
D'altra
parte si è visto che non è possibile catalogare un repertorio musicale
come popolare o accademico.
Risalendo non oltre il XVII secolo, ci si accorge che tutti
questi ceti sociali: le corti, che siano di Francia o di altrove, come
quella di Torino, i salotti della piccola nobiltà ed infine il popolo,
che all'occorrenza è soprattutto rurale, si mescolano costantemente e
si arricchiscono vicendevolmente.
D'Assoucy,
andando di paese in paese per presentare le sue opere alla corte del
ducato di Savoia, doveva essere considerato dai suoi contemporanei come
un musicista di cabaret e non di salotti parigini malgrado la notorietà
che pretendeva avere in tutte le contrade attraversate. Le canzoni
satiriche che si sentivano per le strade di Parigi come Notre
duc est
mal à son aise prendevano in giro i
sovrani. I compositori riconosciuti dalla corte di Francia, come Lully,
Philidor facevano figurare nelle loro opere o balletti un'aria per i
suonatori di ghironda, non si preoccupavano se questi musicisti erano
popolari o no, purché queste opere destinate a Luigi XIV e nelle quali
quest'ultimo partecipava come ballerino, avessero successo.
Pensavo
ed avevo scritto che nel XVIII secolo la fama della ghironda si era
fatta a partire dai salotti, ma dopo lo studio di questa struttura
musicale comune sia ad uno strumento patrimoniale che ad una regione
precisa, constato che l'interesse che la corte di Francia a avuto nel
XVIII secolo in questi campi non ha potuto che influenzare i salotti,
che siano francesi o di altri paesi d'Europa.
traduzione
dell'articolo de Françoise
Bois Poteur, agosto 2018
Plastico
di Exilles – Piemonte nel 1673